La diffusione dei chatbot, come ChatGPT e Bard, sta producendo dei cambiamenti, che sono sotto gli occhi di tutti. È l'inizio di una nuova rivoluzione industriale, come qualcuno sostiene? Anche se è un'ipotesi plausibile, è ancora troppo presto per esserne sicuri, e per prevedere in modo affidabile come la nostra società potrebbe cambiare per questo. Ma è invece certo -- questa è la posizione che propongo e che provo a giustificare in quanto segue -- che quello che sta accadendo sia il segno di una nuova rivoluzione culturale.
Una rivoluzione culturale è un processo che sfocia in una comprensione radicalmente nuova di noi stessi e della nostra posizione nel mondo. Nel corso della storia la comprensione del nostro essere nel mondo, in quanto esseri umani, si è modificata progressivamente, e spesso drammaticamente, grazie all'introduzione di nuovi strumenti, con il conseguente cambiamento del modo di concepire la nostra prassi, o all'acquisizione di nuove conoscenze e allo sviluppo di nuove teorie.
Insomma, oggi interpretiamo noi stessi e la nostra società in modo significativamente diverso da come i nostri antenati interpretavano se stessi e la società in cui vivevano.
Nonostante questi cambiamenti, una caratteristica che nel corso del tempo è rimasta distintiva di noi esseri umani, rispetto alle altre entità con cui interagiamo, è l'essere in grado di parlare e così di comunicare i nostri pensieri.
In questo senso, nel contesto di quella che sarebbe diventata la cultura occidentale, la capacità di comunicare, e in particolare di comunicare in forma scritta, ha attivato in noi la consapevolezza di una specifica unicità e quindi di una discontinuità rispetto a quanto ci circonda. Per questo la transizione da preistoria a storia è fissata nel momento in cui l'uomo ha iniziato a tenere traccia del proprio pensiero con l'introduzione della scrittura.
Acquisendo consapevolezza di noi stessi, ci siamo concepiti come entità speciali, intorno a cui l'universo è organizzato, condividendo tre assunzioni che abbiamo considerato basilari:
(1) l'essere situati al centro dell'universo,
(2) l'essere situati al vertice della scala dei viventi e
(3) l'essere dotati di menti unicamente capaci di una sofisticata attività intellettuale.
Di conseguenza, per gran parte della storia, abbiamo vissuto convinti di essere cosmologicamente, biologicamente, e cognitivamente centrali e fondamentali, declinando le nostre domande di senso in termini antropocentrici.
Ma due cesure, entrambe relativamente recenti in prospettiva storica, hanno cambiato la direzione di questo percorso culturale.
La prima cesura, a opera di Copernico, seguito da Keplero, Galileo, Newton e altri, diede inizio, qualche centinaio di anni fa, alla grande rivoluzione scientifica. Il passaggio dal geocentrismo all'eliocentrismo e poi da un modello di universo chiuso a un modello di universo infinito portò, come sappiamo, a una prima rivoluzione culturale.
L'esito di questa rivoluzione fu il riconoscimento dell'infondatezza dell'assunzione (1)Cioè che siamo situati al centro dell'universo., accompagnato da una debita modestia cosmologica: non siamo al centro dell'universo, ma in un piccolo pianeta di un sistema solare periferico di una tra i miliardi di galassie che popolano il cosmo.
La seconda cesura, a opera di Charles Darwin, è più recente, ma estremamente significativa: ci ha portato al riconoscimento dell'infondatezza dell'assunzione (2)Cioè che siamo situati al vertice della scala dei viventi., accompagnato da una altrettanto debita modestia biologica.
Invece di avere un ruolo speciale di una presunta scala degli viventi, siamo solo collocati in uno dei milioni di rami di un albero ricco e in continuo mutamento, una specie nella complessa rete dell'evoluzione.
Queste cesure non ci hanno portato a dubitare della nostra unicità cognitiva, e l'assunzione (3)Cioè che siamo dotati di menti unicamente capaci di una sofisticata attività intellettuale. non è stata intaccata dalle due rivoluzioni culturali che hanno plasmato la nostra società: abbiamo continuato a pensarci come gli unici esseri dotati di parola, discorso, ragionamento.
E questo a buon diritto, dato che nel corso della storia non è mai accaduto di interagire in modo cognitivamente sofisticato con entità diverse da individui della nostra specie.
Poi sono arrivati i chatbot. E questo ci sta offrendo un nuovo punto di vista. La struttura dei chatbot ci è chiara: l'abbiamo progettata noi e quindi la conosciamo in ogni suo dettaglio. Comprendiamo invece solo in parte le ragioni specifiche del loro comportamento, che è frutto di un processo di addestramento complesso di una struttura complessa.
I chatbot dimostrano cioè di essere cognitivamente alieni, pur essendo stati addestrati con contenuti e in linguaggi che sono parte della nostra società: i testi che producono sembrano il risultato dell'attività di entità che non pensano, capiscono e sperimentano il mondo come lo facciamo noi. Tuttavia, i contenuti e la forma delle nostre conversazioni con loro sono spesso di qualità e profondità sorprendenti.
Tutto ciò ci porta a dire che quello che stiamo vivendo negli ultimi mesi potrebbe essere il seme di una terza rivoluzione culturale, in cui anche la nostra unicità cognitiva è messa in discussione. La presenza dei chatbot ci spinge a chiederci se siamo effettivamente entità cognitivamente così speciali come ci siamo considerati finora.
Buona riflessione